Con sentenza del 23-25 maggio 2022, n. 20524, la Suprema Corte ha affrontato il tema del reato di esercizio abusivo della professione (art. 348 c.p.c) con riferimento alla condotta del legale regolarmente abilitato in Spagna che svolte il proprio operato sul territorio italiano senza aver presentato la relativa comunicazione all’Ordine di appartenenza.
Il caso, giova premetterlo, si è risolto con l’annullamento della sentenza di merito per intervenuta prescrizione; ciò non ha comunque impedito ai giudici della Corte di Cassazione di analizzare nel dettaglio la normativa di riferimento.
La fonte principale è rappresentata dalla legge n. 31/1982, che permette agli abogados di esercitare il patrocinio in Italia nel rispetto di alcune limitazioni o prerequisiti, tra cui quello di esercitare l’attività unitamente ad un Avvocato iscritto all’albo nazionale ordinario ed abilitato a comparire davanti alla giurisdizione di riferimento.
A ciò si aggiunge la necessità di comunicare all’Ordine della circoscrizione di appartenenza l’intenzione di svolgere l’attività professionale sul suolo nazionale. Quest’ultimo non è, a detta della Cassazione, un mero requisito formale, bensì riveste carattere sostanziale: l’assenza della comunicazione, infatti, fa sì che si configuri il reato di cui all’art. 348 c.p. in caso di esercizio della professione.
A nulla rileva, inoltre, l’eccezione secondo cui l’attività prestata dall’abogado sarebbe di carattere temporaneo (con riferimento al singolo caso patrocinato) e non costante. La natura dell’attività è del tutto ininfluente; requisito rilevante è invece la precedente comunicazione all’Ordine di appartenenza e competente per territorio. La Suprema Corte cita anche un precedente più risalente: “ai fini dell’abilitazione all’esercizio dell’assistenza difensiva in un procedimento giurisdizionale davanti all’autorità giudiziaria italiana da parte di legale cittadino di uno Stato membro dell’Unione Europea, costituisce presupposto indispensabile la formale comunicazione prescritta dalla L. 9 febbraio 1982, n. 31, art. 9, diretta al presidente dell’ordine degli avvocati nella cui circoscrizione l’attività deve essere svolta, in difetto della quale il professionista – pur nominato difensore dell’imputato – non è abilitato a svolgere attività defensionale, dovendo, quindi, l’autorità procedente prescindere da tale nomina” (così Cass., 14 maggio 2015, n. 39199).
Il recentissimo precedente è quindi interessante poiché tratteggia in maniera netta il carattere di requisito necessario della comunicazione dell’abogado al proprio Ordine, oltre a sottolineare la continuità della professione di avvocato rispetto alla temporaneità dei singoli incarichi.
In buona sostanza, ed in conclusione, il principio non esplicitamente detto ma racchiuso nella sentenza commentata è quello della unitarietà della professione forense e della irrilevanza del singolo mandato rispetto alla stessa. Il diritto di prestare l’opera nei Paesi della Comunità Europea ha quindi dei contrappesi dirimenti ed insuperabili, tra cui spicca, a questo punto, anche la comunicazione all’Ordine di appartenenza.
Avv. Andrea Severini