Con la recentissima Sentenza n. 25279/2022 del 5 luglio 2022 la Suprema Corte ha affrontato il tema dei limiti del diritto di critica politica. Il caso è quello di un noto politico che aveva tacciato un’associazione di “inculturazione del gender” e di istigazione all’omosessualità mediante distribuzione, anche a minori, di materiale definito “pornografico“, relativo a rapporti tra persone dello stesso stesso, ed attraverso l’esplicito invito alle iniziative del medesimo ente, sostanzialmente ricondotte alla pratica omosessuale.

All’esito di un lungo ed interessante excursus sulla giurisprudenza della Suprema Corte e sui principi comunitari in materia (alla quale rimandiamo e che si può approfondire leggendo la sentenza cliccando sul link a fine articolo), la Cassazione giunge alla conclusione secondo cui: “il limite immanente all’esercizio del diritto di critica è costituito dal fatto che essa non sia avulsa da un nucleo di verità, non trascenda in attacchi personali finalizzati ad aggredire la sfera morali altrui e non veicoli odiose discriminazioni, fondate su caratteristiche personali dei soggetti coinvolti, sempre che sussista un rapporto di leale confronto tra l’opinione critica ed il fatto che la genera, e sia accertata la rilevanza sociale dell’argomento e la correttezza di espressione“.

In altre parole, i giudici di legittimità hanno ritenuto che alla base delle invettive dell’imputato non ci fosse il giusto grado di approfondimento e di riscontro della veridicità di quanto affermato. Ma vi è di più: se è qualificabile come critica “politica” l’esternazione di una specifica opzione ideologica su di un tema che attiene a modifiche normativa inerenti le unioni tra persone dello stesso, manifestando, in chiave critica, motivato dissenso rispetto a posizioni di segno opposto, non può attrarsi nello spettro del legittimo esercizio della critica politica l’invettiva rivolta ad individui o aggregazioni determinate, selezionate esclusivamente per l’orientamento sessuale, e non già quale contraddittore politico, e che, al di fuori di un reale confronto dialettico, vengano presentate attraverso la mistificazione di dati fattuali.

La Corte di Cassazione è ancora più chiara sul punto: “l’estensione del diritto di critica politica tollera la polemica intensa e dichiarata su temi di rilevanza sociale, senza trascendere in attacchi personali, finalizzati all’unico scopo di aggredire la sfera morale altrui, sempre che il nucleo ed il profilo essenziale dei fatti non siano strumentalmente travisati e manipolati, tanto da determinare una distorsione inaccettabile rispetto all’intento informativo dell’opinione pubblica che è alla base del riconoscimento dell’esimente” di cui all’art. 51 c.p.

Da ultimo, è importante soffermarsi sul limite della continenza, che si ritiene superato in presenza di espressioni che, in quanto gravemente infamanti e inutilmente umilianti, trasmodino in gratuite aggressioni verbali o in iperboli espressive. Il contesto in cui si esprime la critica, inoltre, non può giustificare l’uso di espressioni gratuitamente offensive e deve essere valutato alla luce del momento storico. Il requisito della continenza può risultare sussistente, infatti, anche nel caso di espressioni un tempo ritenute offensive ma ormai accettate dalla maggioranza dei cittadini per l’evoluzione (o l’involuzione, nda) della coscienza sociale.

Rinviamo quindi alla lettura della sentenza, che riteniamo essere di estremo interesse e di forte attualità. Nell’ormai prolungato periodo di imbarbarimento politico che stiamo vivendo, la Corte di Cassazione prova a tracciare i limiti di un dibattito che conosce solo toni aspri, offensivi, discriminatori. Si tratta di una guerra mediatica combattuta con inaccettabili colpi bassi, alla ricerca del mero consenso, costi quel che costi, senza che questo si traduca in misure efficaci e risposte concrete ai reali problemi della comunità.

 

Avv. Andrea Severini

 

Sentenza n. 25279/2022 del 5 luglio 2022